libertà Fondamentali

Toghe: la Parità di trattamento economico è pari dignità.

L’esercizio della professione Forense, è un’attività delicata e prestigiosa, garantita dall’art. 24 della Costituzione, il quale sancisce: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi [cfr. art. 113]. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”. Tuttavia, ad oggi, sussistono sperequazioni, all’interno della classe Forense, per quanto concerne, i compensi dei difensori facenti funzione di patrocinanti a spese dello Stato, nei casi di persone non abbienti e per specifiche tipologie di reati, senza limiti di reddito, tra cui, per i reati di stalking, violenza sessuale, violenza di gruppo, maltrattamenti in famiglia. Ne deriva che, ad esempio, un’ atto di opposizione all’archiviazione ovvero di opposizione a decreto ingiuntivo , dev’essere retribuito al difensore patrocinante a spese dello Stato, penalista o civilista, uomo o donna, a prescindere, dall’anzianità di servizio, quindi sancire che non ci siano vincoli inerenti la data di iscrizione all' abo e, dal luogo in cui è ubicato il Tribunale, con la stessa retribuzione prevista dalle tabelle dei compensi ministeriali ordinari, in egual misura, rispetto a quanto sancito dalla normativa vigente e non inferiori, rispetto ad esso come oggi avviene o addirittura con compensi diversi, di Tribunale in Tribunale, rispetto all' applicazione dei Protocolli in materia di gratuito patrocinio. Presso ogni Tribunale, sono istituiti Protocolli d’Intesa, volti a retribuire i difensori, in modo differente, in base alla zona, nonostante la stesura della medesima tipologia di atto e quindi in spregio del principio di pari dignità retributiva. Già nel 2016, era stato emanato dal CNF, un Protocollo Nazionale d’intesa, standardizzato, in materia penale e civile, non vincolante, al fine di uniformare le liquidazioni dei professionisti, in accordo con l’Autorità Giudiziaria, su tutto il territorio nazionale. Nel 1977, il principio di parità di trattamento, con l’art. 2 della legge n. 903/77, sanciva che “a parità di prestazioni lavorative uomini e donne hanno diritto alla stessa retribuzione.”. A fortiori, il D. Lgs. 198/2006, art. 28, CODICE PARI OPPORTUNITA’, stabilisce che : “È vietata qualsiasi discriminazione, diretta e indiretta, concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale. I sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri comuni per uomini e donne ed essere elaborati in modo da eliminare le discriminazioni.” Il nuovo testo, riportato nell’art. 25, Decreto Legislativo n. 198 del 2006, individua la nozione di discriminazione diretta, come “qualsiasi atto o patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole, discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso, e comunque intesa come il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga”. Con la riforma dell’art. 4 comma 1 della Legge n. 125 del 1991, non si fa più riferimento all’espressione neutra “lavoratori”, ma ci si riferisce anche ai trattamenti in peius, nei riguardi dei lavoratori di sesso maschile. Nell’ipotesi di discriminazioni, è fondamentale l’intervento del Consigliera/e nazionale di Parità ovvero dei Comitati territoriali per le Pari Opportunità, dell’Ordine Forense, può adire in via d’urgenza, un preciso strumento processuale, di carattere collettivo, per far rimuovere la disparità di trattamento economico e le sperequazioni in merito al gratuito patrocinio, anche con efficacia ex tunc e dei rispettivi effetti. Ai sensi dell’articolo 23, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, "La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”. Con Comunicazione della Commissione Europea del 1 marzo 2006 , è stata stilata, una Road map, per la parità tra donne e uomini (2006-2010), volta a rendere effettivi, l’ indipendenza economica tra uomini e donne, la conciliazione tra vita lavorativa, privata e familiare, l'uguale partecipazione di uomini e donne nei luoghi decisionali, combattere la violenza basata su ragioni di sesso e la tratta di esseri umani, eliminare gli stereotipi di genere presenti nella società, promuovendo l'uguaglianza di genere al di fuori dell'Unione europea. Con Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 771/2006/CE del 17 maggio 2006, per una società giusta, è stato istituito l'Anno europeo delle Pari Opportunità per tutti (2007). Il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ha apportato modifiche ai trattati istitutivi dell'Unione Europea ed è in vigore dal 1° dicembre 2009. Rammentiamo, l’ Articolo 1 bis, in virtù del quale: "la parità tra donne e uomini è uno dei "valori comuni" agli stati membri”. L’ Articolo 2, comma 3 , dispone: “l'Unione combatte le discriminazioni e promuove "la parità tra donne e uomini". La Costituzione italiana, prevede all’Articolo 3: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". L’ Articolo 37, prevede che: "La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione". Si propone, alla luce di quanto esplicato, sulla scia del principio di nomofilachia, l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legga, l’emanazione di una norma che disciplini il Trattamento economico della professione Forense, in ambito civile e penale, in caso di patrocinio a spese dello Stato, nella medesima misura, per ogni professionista, a fronte del medesimo atto e o attività espletata, presso ogni Tribunale del territorio nazionale, in modo uniforme e coerente. Inoltre, si propone di far disporre la retribuzione dell' atto predisposto con il gratuito patrocinio, a cura delle Cancellerie civili e penali, sin dalla ricezione dell’atto a mezzo portale, PST giustizia , inserendo apposite modifiche, nell’eventualità, una spunta nell' apposita voce, da inserire nel portale, già all’atto di invio, per il principio di speditezza, senza dover attendere la pronuncia dell’Autorità Giudiziaria Procedente e l’invio di istanze ulteriori di sollecito retribuzioni, da parte del difensore.