libertà Fondamentali

Quando si parla di nucleare…

In questi mesi di crescente tensione internazionale e di conflitti irrisolti, si parla sempre più insistentemente di necessità di riarmo e di installazioni di missili nucleari come forma di deterrenza. Pensavamo di aver voltato pagina a tutto questo, con la fine della guerra fredda ma, il contesto geo-politico, registra divergenze preoccupanti che ci riportano indietro proprio a quei tempi. In merito alla locuzione “nucleare”, che evoca legittimamente paura e angoscia in molti, reputo opportuno fare qualche precisazione per distinguere il “buono” dal “cattivo”. L’arma atomica è una tecnologia militare che produce un’esplosione di entità spaventosa, capace di cancellare intere città in un istante. E di queste armi, il genere umano ne ha saputo costruire così tante da cancellare più volte l’intera umanità. Sappiamo che all’esplosione della bomba segue una emissione di radiazioni molto intensa, capace di creare danni biologici ancor più disastrosi della stessa detonazione. Sebbene nell’immaginario collettivo il binomio “nucleare-radiazioni”, risulti indissolubile dal concetto di pericolo, da “persona informata” posso tuttavia contribuire e fare buona informazione: sebbene alcune radiazioni possano rappresentare un rischio per la salute, occorre valutarne tipologia, energia e quantità per stimarne l’eIettiva pericolosità. Una radiazione ad alta energia come quella emessa dalle reazioni nucleari (o come quella generata da macchine radiogene) è detta “ionizzante” in quanto, interagendo con la materia di cui siamo costituiti, può determinare un danno biologico. Ebbene, quando l’esposizione a radiazioni ionizzanti è molto elevata, può indurre nell’individuo un danno a gravità crescente che può portare fino alla morte. Questi livelli di esposizione si verificano in caso di esplosione nucleare e -molto raramente - in occasione di incidente nucleare: fortunatamente, in questi casi la cronaca riporta un numero limitato di vittime, inferiore a quanto possiamo pensare. Viceversa, le esposizioni a radiazioni ionizzanti di entità più limitata non danno manifestazioni “somatiche” come quelle descritte prima, sebbene l’interazione della radiazione con i tessuti viventi possa indurre un danno genetico che, se non riparato dal sistema immunitario, può generare un tumore nel soggetto esposto o la trasmissione alla nuova generazione della mutazione genica, responsabile di malattie genetiche alla progenie. Per questa classe di esposizione non è possibile individuare un rapporto di causa-eIetto fra esposizione e danno biologico ma si può stimare la probabilità che si manifesti un danno, che viene definito di tipo statistico o “stocastico”. Per bassi livelli di esposizione sono stati proposti diversi modelli che correlano l’esposizione al danno, alcuni dei quali indicano addirittura un beneficio biologico legato a basse e prolungate esposizioni alle radiazioni ionizzanti: in questo caso si parla di ormesi. Paradossale no? Ebbene, allora come ci dobbiamo comportare? E' bene sapere che parlando di radiazioni, possiamo considerare potenzialmente pericolose tutte le esposizioni a radiazioni ionizzanti, sebbene sappiamo che basse esposizioni non inducono danni somatici e possono addirittura portare benefici comprovati: mi sto riferendo alle esposizioni per esami medici diagnostici come la CT o quelli di Medicina nucleare, il cui rapporto costo-beneficio può o meno giustificarne la pratica. La stessa Radioterapia ha come obiettivo la cura di neoplasie proprio attraverso l’esposizione selettiva alle radiazioni, ma in questo caso ad alte dosi. Insomma, potremmo dire che le radiazioni sono “buone o cattive” se il loro utilizzo può determinare un vantaggio per la salute oppure un danno (evitabile) per l’uomo. Volendo generalizzare la trattazione, è bene sapere che nel panorama delle radiazioni non tutte hanno capacità ionizzante: le onde radio, ad esempio, possono essere assorbite dai tessuti biologici ma non sono radiazioni in grado di creare un danno che possa indurre neoplasie. In questo campo, occorre stabilire l’entità dell’esposizione “elettromagnetica”: uno smartphone appoggiato all’orecchio può elevare di qualche frazione di grado la temperatura dei tessuti cerebrali, un esame di risonanza magnetica (RM) di più di un grado, un forno a microonde di parecchie decine di gradi. Nel primo caso non ci si accorge di nulla, nel secondo si termina l’esame con la febbre e nel terzo si cuoce un cibo, ma tutte e tre queste applicazioni di radiofrequenza (RF) non possono indurre mutazioni genetiche. Queste considerazioni ci portano a dire che le preoccupazioni legate all’esposizione elettromagnetica da smartphone in realtà non hanno fondamento scientifico. Per contro, ci deve invece preoccupare l’esposizione eccessiva al sole poiché, nello spettro dell’emissione solare che raggiunge la superficie terrestre, la banda ultravioletta più energetica (la UVB) è una radiazione ionizzante e come tale può indurre l’insorgenza del melanoma della pelle. Ebbene, quale messaggio possiamo portare a casa da questo breve excursus? Potremmo iniziare a dire che le radiazioni non sono tutte uguali e che quelle pericolose per l’uomo vanno giustamente limitate, ma dobbiamo evitare psicosi quando queste non trovano giustificazione. Fra le radiazioni potenzialmente pericolose sappiamo ora individuare alcune esposizioni “buone” poiché possono essere strumento per individuare e curare malattie gravi. Dobbiamo infine avere sufficiente consapevolezza del rischio di alcuni comportamenti che classifichiamo come non pericolosi e che invece possono nuocere: un’eccessiva esposizione alla luce del sole nelle ore più intense, così come l’eccessiva velocità e la distrazione alla guida, sono tutti fattori che riducono l’aspettativa di vita. Ecco, molto dipende da noi. Dr. Marco Menzaghi