Nella legge religiosa islamica, esiste la fattispecie delle pene correzionali, di cui non è specificata la sanzione, ma, determinata, in base al libero apprezzamento del giudice e ai principi di adeguatezza e proporzionalità della condotta criminosa. In caso di tenuità del fatto costituente reato, la legge penale musulmana, individua soltanto le condotte punibili ed indicazioni generiche per quanto concerne le sanzioni. In tal caso, subentrano le c.d. pene discrezionali o ta'zir, ossia la previsione della trasgressione, disposta ex lege e non sulla scorta di una valutazione arbitraria del giudice, in quanto questi, si pronuncia sulla scia di un criterio discrezionale nell'individuazione della pena, da associare alla fattispecie concreta, seppur codificate. Le pene restrittive della libertà personale consistono nella reclusione in casa, in carcere, espulsione dal quartiere o dal villaggio, bando o esilio. Mentre, incidono sul patrimonio, il sequestro di beni finalizzato alla confisca e devoluto ai diseredati e agli emarginati. Vi sono poi le pene corporali quali la fustigazione, l'esposizione in pubblico, l'annerimento del volto e quelle di carattere morale come gli strappi del turbante, lo sguardo di disapprovazione e redarguire il reo. Comunque, la shari'a impone talune restrizioni al potere giurisdizionale. Prima di tutto, il giudice, deve verificare la c.d. ma'siya, quindi la condotta criminosa da provare e poi comminare una pena adeguata. Le condotte punite con pene ta'zir, sono annoverate nei testi giuridici. Rammentiamo l'utilizzo di alimenti o sostanze proibite, non aver celebrato la preghiera, l'astensione dal digiuno, abusi della fiducia altrui, falsificazioni di pesi, truffe, spergiuro, falsa testimonianza, usura, atti osceni, ingiurie, corruzione, violazione di domicilio, spionaggio. In tali ipotesi, il Corano e la sunna, sanciscono le condotte che costituiscono trasgressione e il giudice dovrà applicare una pena adeguata e proporzionale, consistente nel rimprovero, nella multa, nella detenzione, alla luce di un potere di scelta , da non confondersi col potere discrezionale. Secondo la teoria gius-pubblicistica islamica, il giudice, gli organi dell' esecutivo, l' amministrazione pubblica non detengono funzioni e poteri illimitati. Per taluni reati puniti con pene discrezionali, che violano al-maslaha al-amma, l'interesse pubblico, non è sancita la condotta penalmente rilevante ma principi generali, trattandosi di condotte imprevedibili e quindi, non possono essere specificate in anticipo. In tali ipotesi, pur non sussitendo una ma'siya, il quadi applicherà una pena ta'zir, essendo una condotta pregiudizievole per l'interesse della collettività. Fra le pene discrezionali comminate dal giudice e non sancite nelle corrispondenti fattispecie, rientrano le misure di sicurezza nei riguardi dell'alienato mentale e la custodia cautelare, eseguita per facilitare le investigazioni o per prevenire il pericolo di fuga. Nel diritto islamico, la pena detentiva, habs, non è intesa come pena, se non nell'ambito dei reati puniti con pena discrezionale, ma si tratta di una misura coercitiva avente duplice finalità: il rispetto delle regole vigenti ed ovviare a probabili reiterazioni del reato. In caso di pentimento da parte del reo o tawba, è prevista un'anticipazione di espiazione della pena in terra rispetto alla pena nell'al di là. Per le pene discrezionali, è previsto un livello di severità inferiore rispetto alle pene coraniche. Esse vengono irrogate nei casi in cui una pena hadd non possa essere applicata come nel caso di prove inidonee o di persona non imputabile. Le diverse scuole giuridiche, si pronunciano diversamente sui limiti quantitativi delle pene ta'zir. La scuola malikita, ritiene che per le pene discrezionali non sia previsto alcun limite. Gli shafi'iti e gli hanbaliti, ritengono che le pene ta'zir debbano essere inferiori rispetto alla pena hadd. Tra gli hanafiti, c'è chi ritiene che le pene ta'zir non debbano eccedere la più bassa delle pene hudud, non potendo superare le 40 frustate. Per gli hanbaliti, il limite è costituito da 10 colpi di frusta. Ne deriva che le pene discrezionali rappresentano espressione della flessibilità del sistema penale islamico. In seguito alla confessione, si applicano le pene ta'zir che non possono essere ritrattate. In caso di testimonianze rese da due testimoni, solo in tale contesto, uno dei testi, ad eccezione della regola generale, può essere anche una donna. Per quanto concerne le pene corporali, la Dichiarazione universale dei diritti umani, all' Art 5, stabilisce che "Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti." In termini di parità di genere, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Articolo 23, rubricato "Parità tra donne e uomini", stabilisce che "La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato." “Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”, diceva Voltaire.
Pene discrezionali nell’Islam